Stanley White, un capitano di polizia reduce del Vietnam, ha l'incarico di indagare su una serie di delitti compiuti a Chinatown, il quartiere cinese di New York, dopo l'uccisione del leader della malavita locale, Jakie Wong, attribuiti a bande di giovani criminali. Ancora carico di risentimento per l'insuccesso americano in Asia, da cui lui - pur oriundo polacco - ha riportato un odio indiscriminato e viscerale per i "musi gialli", White accetta di ripulire a fondo il quartiere, senza esclusione di colpi. Crede di potersi avvalere dell'aiuto di una avvenente e audace giornalista televisiva, Tracy Tzu, frutto di un incrocio cino-olandese e quindi "gialla" a metà, che gli oppone l'indipendenza della propria professione. Piuttosto danneggiato che aiutato nelle sue indagini e in crisi di rapporti con la moglie per le proprie maniere violente e rozze, Stanley deve ricredersi sulla colpevolezza dei cinesi americanizzati perché a muovere i loschi traffici d'armi e di droga da Chinatown, dietro la facciata insospettabile del turismo locale, dei ristoranti cinesi e dei loro pittoreschi ritrovi è in realtà la mafia locale, con legami internazionali (capeggiata al momento dal giovane e fanatico Joey Tai), con la quale la polizia è tollerante, se non addirittura connivente. Consapevole dell'insufficienza delle locali forze di polizia ad arginare un fenomeno di così vaste proporzioni, White intende spuntarla ad ogni costo, e scatena deliberatamente il caos, con una sorta di cocciuta e irrazionale "volontà di potenza", che privilegia l'assoluto della legge contro la prudenza dell'ordine, perdendo in tal modo - oltre alcuni avversari - i migliori collaboratori, la faccia, il grado e la moglie, in un delirio di violenza e di sangue, e riducendosi alla sola consolazione della bella giornalista, che è l'unica a definirlo per quello che è: "Tu sei tutto matto".