A Montreal, una notte, grida laceranti rompono la pace di un convento di clausura, quello delle Piccole Suore di Santa Maria Maddalena. Accorsa nella cameretta della giovanissima suor Agnese, la Superiora (Madre Ruth) la trova immersa in un lago di sangue. E, in un cestello, scopre inorridita, nascosto tra lenzuoli anch'essi insanguinati, un infante, morto strangolato. Mentre poco a poco suor Agnese riprende la sua semplice vita di tutti i giorni, pur restando sempre soggetta a visioni e turbamenti, una psichiatra (Martha Livingston), viene incaricata dalla Magistratura di svolgere accurati accertamenti circa la personalità della religiosa. Premesso che nessun uomo è entrato nel convento (il padre confessore, un vegliardo, appare subito fuori discussione) e che nessuna delle suore (tranne l'anziana, ma deceduta Suor Margherita) era al corrente della gravidanza e della sua tragica conclusione, Martha inizia a svolgere il compito affidatole in un clima di iniziale ostilità da parte della Superiora, donna di larga esperienza ed intelligenza, ma del tutto ferma nell'intento di proteggere a qualunque costo la sua giovane consorella, la quale, da parte sua, oppone a Martha il suo rifiuto ad ammettere alcunchè. Poco a poco, tuttavia, molti dettagli ed elementi di giudizio vengono alla luce. Agnese è stata fin da piccola disprezzata, irrisa (come brutta e sciocca) e perfino seviziata dalla madre, un'ubriacona abbandonata dal marito. Morta la madre e non per propria scelta collocata giovanissima nel convento, Agnese è una frustrata, evidentemente preda di crisi isteriche e di un preteso misticismo, che Martha, di per sè atea e concreta (tra l'altro, lei stessa è figlia di una alienata ricoverata in un gerontocomio), fa presto a diagnosticare. Ma essa vuole continuare i suoi frequenti approcci con la povera Agnese, cui ha preso a voler bene. Scopre, così, negli archivi del convento che la Superiora altri non è che la sorella della madre della povera ragazza, che appunto Ruth vuole difendere ad ogni costo dal pericolo di una sottrazione. Le gerarchie cattoliche premono sul Tribunale affinchè l'inchiesta di Martha sia rapidamente conclusa: ottenuta una brevissima proroga, Martha sottopone ad ipnosi Agnese e alla fine la verità viene a galla, in una crisi drammatica, durante la quale la giovane suora emette sangue e mostra perfino stigmate di eccezionale gravità. Così si apprende che Agnese si recava talvolta (una volta anche con Martha) in cima al campanile, per deliziarsi del panorama tra lo svolazzare di bianche colombe; che si è avvalsa anche di un passaggio segreto per recarsi lassù (e questo lo sapeva anche la defunta suor Margherita), che un giorno uno sconosciuto proprio lassù le usò violenza ma, soprattutto, che al parto ebbe ad assistere proprio la zia Superiora, la quale però, messa alle strette, conferma disperatamente a Martha che Agnese uccise il proprio bambino in stato di assoluta incoscienza. Il neonato fu ucciso, è vero, ma Agnese, che sempre ha considerato il proprio corpo come "uno sbaglio di Dio", volle "restituire" a un Dio oggetto di un amore-odio il frutto di un secondo tragico "sbaglio"... da lui commesso. Al processo, Agnese viene ritenuta non responsabile, assolta e riconsegnata al convento con l'obbligo dell'assistenza di uno specialista di malattie mentali. A contatto con i tanti risvolti di una realtà e di una pena sul piano umano così pungenti, come pure con ipotesi insolite e fenomeni del preternormale, anche il dichiarato ateismo di Martha sembra incrinarsi.