Napoli Napoli Napoli. Se non fosse americano, Abel Ferrara sarebbe nato ai Quartieri spagnoli, non è difficile immaginarselo come uno scugnizzo dalla faccia storta, furbissimo e un po’ guappo. Ed è anche questo incontro inevitabile che viene raccontato in questa docufiction che si snoda tra Pozzuoli e il Parco del Vesuvio, tra centri sociali – uno dei quali intitolato a Diego Armando Maradona – e un carcere femminile, tra realtà e finzione. L’incontro tra una città meravigliosa e selvaggia e un regista geniale e selvaggio anch’esso. Non poteva che uscirne qualcosa di speciale. Un film, almeno due generi e tre sceneggiature sono servite per raccontare una città che nessuno ha ancora capito, che tanti amano e tutti criticano. E che per quanto vorrai percorrerla, con o senza macchina da presa, non conoscerai mai abbastanza. Il cineasta americano cerca di raccontarla con le parole delle escluse e degli emarginati, con un mosaico caotico e sfaccettato come l’universo partenopeo, con l’amore e la lucidità che solo lui sa mettere nel cinema.