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La proprietà del castello di Portillon è oggetto di una annosa contesa giudiziaria tra due maturi gentiluomini, il conte D'Alsay e il colonnello Delaroche. Mentre prosegue il lungo iter della vertenza, una anziana lavandaia manovra abilmente per far sposare le sue due giovani nipoti, Monique e Babette, ai due avversari, in modo che, chiunque risulti vincitore della causa, il castello venga in ogni modo assicurato alla famiglia. A intralciare i piani della lavandaia e ad acuire il dissidio tra i due gentiluomini intervengono quasi contemporaneamente una battagliera ex amante del colonnello e una aitante nipote del conte. Sul punto di battersi a duello, Delaroche e D'Alsay vengono fermati dall'arrivo del Procuratore Generale della Suprema Corte di Stato, il quale, sulla base di alcuni documenti inoppugnabili, è in grado di pronunciare una sentenza definitiva: proprietario del castello è il vecchio maggiordomo Philippe, diretto discendente di Philippe Brenton, antico titolare del maniero. Privati ambedue della sperata eredità, Delaroche e D'Alsay accettano di restare al castello in veste di servitori.