Una sala da ballo della periferia di Parigi, nella quale per quasi 50 anni (dal 1936 ad oggi) si incontrano di sabato piccoli borghesi, commesse, lavoratori: un mondo di delusi e di esclusi, tutti celibi e tutti là per il ballo, che è il solo approccio (e tuttavia discreto e non di rado anche timido) e l'unico ponte di comunicazione. Cinquanta anni di canzoni - le più celebri e non soltanto fra le francesi - che marcano via via l'epoca del Fronte popolare, la guerra e l'occupazione, la liberazione di Parigi e poi ancora i momenti dell'Algeria e le barricate del '68, fino all'irruzione, in una sala dalle luci livide, della violenza e dei punk. E, questo senza ricorrere ad una sola parola, ma senza con ciò avvalersi dei moduli e delle tecniche del film muto, tessendo tutto il racconto ed arricchendolo con continue notazioni relative agli abiti che cambiano con la moda, alla stessa maniera di truccarsi, ai gesti e comportamenti, grazie ad un gruppo di attori, personaggi o silhouettes che siano, che sono e restano sempre gli stessi, nell'immutato gioco delle coppie, nell'incessante, implacabile fluire del tempo. Fino al riecheggiare di "Que reste-t-il de nos amours?" di Charles Trenet, sottile vena di malinconia finale.