Negli alloggiamenti di un piccolo presidio francese, sperduto nel Nord-Camerun, gli occhi di France, una bambina figlia del "comandante", registrano attenti ogni particolare dell'innata pacatezza, compostezza e naturalezza degli indigeni, del monotono quotidiano e dei rari momenti insoliti della vita coloniale. La giovane moglie del "comandante" - quasi sempre assente per servizio - si annoia nella solitudine delle lunghe giornate, assolate e calde di un'Africa asciutta e brulla, e trascorre in nervosa apprensione le notti percorse da ululati di belve e da rumori inquietanti. Non valgono affatto a ridurre le frustazioni della giovane donna le cure - peraltro distaccate e formali - per la piccola figlia, né la rispettosa devozione di Potée, un aitante servo negro, che, pur suscitandole con la sua presenza fisica un inconfessato fremito di desiderio, è trattato da lei con altezzosa freddezza. L'inattesa visita di un nobile ed eccentrico esploratore inglese prima, e un incidente aereo poi, rompono la sua solitudine, rimettendola a contatto con ospiti bianchi "civili", di passaggio, che le rendono più acuto il confronto col personale negro "inferiore" da cui è circondata, risvegliando in lei nostalgie sopite e tendenze sensuali insoddisfatte. Finché il mutare delle situazioni politiche in Europa, negli anni '30, induce la Francia a ridurre i suoi presidi coloniali in terra d'Africa, e la piccola colonia sperduta se ne va. Anni dopo, France, diventata a sua volta donna, vuol rivedere i luoghi della sua infanzia, ma trova tutto trasformato: i negri sono progrediti, sono diventati liberi, ma hanno ereditato i costumi, i gesti, gli atteggiamenti disinvolti e irriguardosi, le arbitrarie discriminazioni dei dominatori di prima.