Nelle campagne di Agrigento, zio Simone Palumbo, ricco e anziano, non ha figli dalla giovane moglie Mita. Lo canzona il gaio Liolà, amato da tutte, che di figli ne ha tre da tre donne diverse, ed è in attesa di un quarto da Tuzza, nipote di zio Simone, che però rifiuta di sposarlo nonostante le sue insistenze. Perché Liolà è libero come l’aria, ma anche uomo d’onore e non si è mai tirato indietro quando ha scoperto le gravidanze delle sue precedenti amanti, ma nessuna di loro ha voluto sposarlo. Invidiosa di Mita, che a suo tempo è stata sinceramente amata da Liolà, Tuzza propone a Zio Simone di far passare per suo il figlio che attende da Liolà. Il vecchio accetta e bistratta la moglie, che decide di rendergli la pariglia, accettando infine la corte di Liolà e concependo il quinto figlio del giovane. Venuto a sapere della fresca gravidanza della moglie, zio Simone fa passare per suo anche questo bambino, e nell’ottica di intestargli l’eredità abbandona al suo destino Tuzza, invitandola sprezzante a farsi sposare dall’uomo che l’ha messa incinta. Ma Liolà non vuole saperne di prendere per moglie una donna che l’ha già respinto in malo modo e Tuzza, in un accesso d’ira, tenta di ucciderlo. Liolà disarma la donna ed allegramente la invita ad affidare a lui il figlio che aspetta. Poi, come è suo costume, se ne va via cantando.