La prima puntata di ''A come Andromeda andò in onda il 4 gennaio 1972. Sibillinamente e anche un po’ misteriosamente per gli standard televisivi dell’epoca, una scritta avvertiva subito: Questa storia si svolge l’anno prossimo in Inghilterra”. Un primo segno di novità tra i temi da sceneggiato, a mezza via tra due generi poco frequentati come fantastico e fantascienza. Poi, ecco che arrivavano un osservatorio britannico dotato di un radiotelescopio gigante, una équipe di studiosi impegnata a studiare lo spazio, una scenografia tecnologica in bianconero che oggi fa sorridere, e soprattutto un messaggio tutto da decifrare dalla nebulosa di Andromeda (come dire cento miliardi di stelle). Roba da mettere lo scienziato John Fleming (Luigi Vannucchi) e l’addetto stampa Judy Adamson (Paola Pitagora) in mezzo a una trama tutta giocata tra l’extra e il terrestre, fatta di sconosciute quanto determinate volontà spaziali, ansie e tensioni di conoscenza, alti e bassi tradimenti. E dietro Andromeda (Nicoletta Rizzi), misteriosa creatura dalle sembianze di donna, ci sono un Futuro amico o nemico? Il Bene o il Male?