Ottobre 1962. Un aereo spia statunitense, mentre sorvola Cuba, si accorge che un consistente numero di missili atomici di fabbricazione sovietica si sta radunando sull'isola. Se rese operative, quelle armi potrebbero in breve tempo colpire e distruggere le principali città americane. L'immediata reazione del Pentagono è quella di preparare adeguate contromosse militari. Alla Casa Bianca però il presidente Kennedy, suo fratello Bob e Kenny O'Donnell, consigliere personale del presidente, cercano di percorrere la strada della diplomazia e della trattativa. Tutto però è reso difficile dall'incalzare degli avvenimenti. Si cercano misure tampone, come quella di attuare un blocco navale per impedire i rifornimenti a Cuba, o l'annuncio della quarantena, per delimitare l'accesso alla zona di mare decisiva. Gli alti ufficiali dell'esercito intanto spingono per dare il via alle operazioni belliche. Il 24 ottobre alcune navi russe si fermano, ma altre superano il blocco. Il 25 ottobre Adlai Stevenson, rappresentante USA, parla all'ONU e inchioda quello sovietico alla responsabilità di aver cominciato le operazioni segrete. Il 27 viene ordinato l'attacco, muore un pilota, ma subito dopo Kennedy fa cessare le operazioni. Allora Bob va all'ambasciata russa con una proposta. Il 28 ottobre arriva da Mosca la risposta positiva di Kruscev. La crisi è risolta.