Quando uscì, nel 1981, il cinema era ben altra cosa di quello che siamo abituati a vedere oggi. Se nel 2003 il fumetto, il videogioco, la serialità e le “trilogie annunciate” sono la “normalità” non lo erano certo ventidue anni fa, e forse dobbiamo proprio a I Predatori dell’Arca perduta, l’aver sancito il ritorno di un cinema spettacolare e fantastico, leggero e complesso allo stesso tempo. Un film che ebbe la capacità di riunire alcuni dei più grandi giovani talenti di quegli anni, da Philip Kaufman, che ideò il soggetto, a George Lucas, che ne perseguì ossessivamente la realizzazione producendolo, a Lawrence Kasdan, che scrisse una sceneggiatura memorabile, fino a Steven Spielberg che si poté liberare in un solo colpo dell’immeritato flop del suo 1941 allarme a Hollywood. Ma soprattutto I Predatori dell’Arca perduta e la trilogia di Indiana Jones segnano l’apice della collaborazione tra i due amici Lucas e Spielberg, che finalmente mettono assieme le loro forze per realizzare quest’idea forte di cinema-giocattolo, meraviglioso contenitore di storie ed avventure come quelle con le quali erano cresciuti nella loro infanzia di adolescenti, consumatori di cinema e fumetti. Ed allora ecco questo personaggio che sembra uscir fuori direttamente dalla strisce degli anni Trenta, dai serial televisivi americani anni Cinquanta, dai film con Errol Flynn, e da chissà cos’altro. Perché la forza straordinaria di Indiana Jones sta proprio nel suo porsi come un magnifico archetipo dell’avventura, mescolando generi e linguaggi, ricomponendoli nell’immagine cinematografica. Fantastico (della storia) e realismo (della fotografia) si intrecciano e sovrappongono e la critica si divertì pure a elencare una ad una tutte le incongruenze del film (di cui lo stesso Kasdan, in più occasioni, si lamentò con Spielberg): dal “giro del mondo aggrappato a un sottomarino” di Indiana Jones, alla domanda degli storici: “che ci fanno i tedeschi in Egitto nel 1936, allora protettorato britannico?”. Ma sono bazzecole, quisquilie direbbe Totò... In realtà I Predatori dell’Arca perduta lavora a fondo sull’immaginario collettivo del Novecento (e non solo, perché L’arca delle tavole di Mosé come pure il Sacro Graal sono argomenti millenari), e Indiana è il prototipo dell’eroe individualista e romantico, avventuriero e indistruttibile, mentre i nazisti sono i “cattivi per antonomasia” (e del resto non ricordava le SS già la figura dello Jedi Darth Vader in Guerre Stellari?). I Predatori dell’Arca perduta racconta di un archeologo avventuriero, Indiana Jones (Harrison Ford), che viene incaricato dai servizi segreti americani di recuperare la mitica Arca dell’Alleanza, scomparsa da secoli e secoli. Ma ora i nazisti, grazie alle ricerche del professor Belloq (Paul Freeman), stanno setacciando i dintorni del Cairo nel tentativo di recuperare il prezioso e simbolico cimelio. Già, perché il valore dell’Arca non è solo “archeologico”, ma ha un particolare potere soprannaturale che ovviamente fa gola al “grande dittatore”. Curiosamente è Indiana ogni volta ad aiutare i nazisti e Belloq nelle loro ricerche, lui che scopre il modo di accedere alla tomba dove è nascosta l’Arca, lui che ritrova il medaglione, lui, infine, che la estrae dal terreno e riporta alla luce. La grande ricchezza di questo personaggio così post-moderno, sta nella sua vulnerabilità e nel suo essere fallibile. Infatti Jones viene continuamente catturato dai nemici e deve sempre poi scappare in fughe spericolate. Inseguito e inseguitore, a seconda delle situazioni (vedi la famosa scena dell’inseguimento del camion con l’Arca) Indiana è il movimento per antonomasia e il film di Lucas e Spielberg non dà neanche un attimo di tregua al loro eroe né allo spettatore. Siamo pertanto coinvolti senza soluzione di continuità in un cinema d’azione “puro”, dove non c’è spazio per la riflessione né per il romanticismo. Questo eroe “antico”, ma di tipo nuovo, piacque al pubblico, che fece del film di Spielberg uno dei più grandi incassi di tutti i tempi. Ovvio che ne seguì una trilogia: nel 1984 con Indiana Jones e il Tempio Maledetto e nel 1989 con Indiana Jones e l’Ultima Crociata (con anche Sean Connery). Questo cofanetto della Paramount è composto di quattro DVD, uno per ogni film e un quarto “ripieno” di succulenti contenuti speciali. Ognuno dei film della trilogia è presentato con uno speciale sul film, con interviste, filmati sulla lavorazione e il racconto di Lucas e Spielberg. Sono filmati di oltre mezzora l’uno, con quello sui Predatori che dura oltre 50’. Nella parte sui “documenti” vengono vivisezionati gli aspetti tecnici della realizzazione (dopotutto va ricordato che il primo film vinse quattro Oscar proprio per queste categorie, ovvero scenografia, montaggio, suono ed effetti speciali), dal lavoro degli stunt con le acrobazie (coordinate da Glen Randall), alle musiche di John Williams, al suono (di Bill Varney, Gregg Landaker, Roy Charman e Steve Maslow) fino agli effetti speciali di Richard Edlund. Completano gli extra una ricca galleria di trailer e una demo del gioco “La tomba dell’imperatore”. Dopotutto Indiana Jones è cinema giocattolo... no?