Anno scolastico ’58-’59. Angelo è stato rinchiuso in un collegio di lusso per aver preso a calci e schiaffi suo padre. Anche all’interno dell’istituto il ragazzo teorizzatore del superuomo, hitleriano in sedicesimo, resta coerente al suo comportamento: strumentalizza gli amici, fa espellere il vile prefetto Diotaiuti, e induce un compagno ad uccidere la madre isterica e seccatrice. Con una maschera da cane si aggira per le stanze portando in spalla il cadavedere di un sacerdote, il professor Matematicus. Esprime il suo disprezzo per gli inservienti, un’accozzaglia di rottami della società che subiscono in collegio l’estremo sfruttamento gabellato per carità cristiana e redenzione. Angelo riesce ad allestire anche uno spettacolo blasfemo che disgusta gli insegnanti. Sembra, e crede di essere, il dominatore, ma gli tengono testa il vicedirettore, Padre Corazza, sufficientemente illuminato da capire la fatiscenza dei vecchi metodi, e troppo debole per instaurarne di nuovi; Salvatore, il capo degli inservienti, che punta su rivendicazioni più modeste e concrete; in qualche modo anche il gruppo di collegiali, nevrotici, ipocriti, viziosi, velleitari, già rassegnati a non contar mai nulla.