Trasferito a Corzano, in provincia di Napoli, solo per l'errore del Provveditorato agli Studi, il maestro Marco Tullio Sperelli è stato destinato ad una terza elementare. Lui, ligure, bravo ed onest'uomo, si trova subito in una situazione pressoché disastrosa. Non più di tre allievi in classe: il quarto deve andare a cercarselo a domicilio, gli altri (in tutto sono una ventina) li recupera qua e là, quasi sempre in strada. Nella classe (mista) ci sono bambini furbi, per lo più allegri, una bambina, Rosinella, che fa la tenera con il maestro, Vincenzino, intelligente e svelto, nonchè Raffaele, il più grande, già implicato a far da messaggero per la camorra locale. Per questo Sperelli, malgrado la propria mitezza, dà un ceffone a Raffaele il quale giura vendetta. Ma quel gesto violento propizia definitivamente al maestro il massimo rispetto di tutti i ragazzi. D'altra parte lui si preoccupa di tutti i suoi allievi, anche se ha già chiesto un altro trasferimento, poichè con quei ragazzi ed il loro ambiente pensa che non ce la farà mai. La madre di Raffaele, dopo avergli chiesto aiuto nel seguire il ragazzo perchè il marito non può occuparsi della sfortunata famiglia, quando una sera sta male accetta l'intervento di Sperelli che porta la donna all'ospedale e, con un altro gesto per lui insolito, s'impone al personale per ottenere un'immediata sistemazione della donna. Proprio mentre Raffaele sembra aver cambiato comportamento e pericolose amicizie e mentre ormai i ragazzi gli si sono affezionati, ecco che Sperelli riceve la comunicazione del suo trasferimento al Nord. Tutta la classe, con la direttrice e i padroni di casa (un pò bizzarri, ma con lui sempre delicati e premurosi) è alla stazione a salutare il maestro che se ne va per sempre. E Sperelli, che giorno dopo giorno si è lasciato addolcire e incantare da un clima e da un calore umano senza paragoni possibili, legge commosso in treno il tema "su di una parabola evangelica" che Raffaele gli ha consegnato all'ultimo minuto. Il tema (a scelta e il ragazzo ha scelto quello sulla fine dei mondo) è bellissimo, la descrizione adeguatamente drammatica e sorridendo alla speranza, il piccolo napoletano conclude fiducioso: "io speriamo che me la cavo".