Don Camillo (Fernandel) è il simpatico (ma tanto, tanto irascibile: al punto che più volte il buon Dio lo rimprovera parlandogli dal crocifisso della Chiesa) parroco di Brescello, un paesino della bassa emiliana il cui sindaco è il comunista Peppone (Gino Cervi), altrettanto focoso e altrettanto convinto delle sue idee. Entrambi vogliono il bene del loro paese: Don Camillo vorrebbe costruire il “villaggio del fanciullo” mentre l’ambizione di Peppone è naturalmente una “casa del popolo”. I due, che si stimano a vicenda anche se non lo ammetterebbero mai, cercano reciprocamente di impedire la realizzazione dell’obbiettivo. La vicenda attira l’attenzione delle autorità ecclesiastiche, che decidono l’allontanamento di Don Camillo dal paesino per trasferirlo in una parrocchia di montagna. Il prete partirà, ma i terribili comunisti accorreranno in massa nella stazione per tributare al vecchio nemico l’onore di un affettuoso saluto. Don Camillo, che indubbiamente sembra anticipare il “compromesso storico”, si limita a ripercorrere l’Italia piccola e attraversata da forti passioni tipica del dopoguerra, ancora paese agricolo ma sulla via di modificare rapidamente il suo modo di vivere (emblematica la scena in cui i due nemici di nascosto mungono le mucche trascurate per uno sciopero).